Stefano Bandecchi, segretario nazionale di Alternativa Popolare e sindaco di Terni, ha espresso una dura critica verso la classe politica italiana, ritenendola responsabile della situazione di estrema povertà in cui versano milioni di cittadini. “Un Paese affamato e ridotto alla miseria da una classe politica inadatta e incapace“, afferma. Secondo i dati Istat sulla povertà recentemente pubblicati, infatti, ben 5,7 milioni di italiani si trovano in condizioni di povertà assoluta, una cifra che Bandecchi definisce una “vergogna” per il Paese.
Il passaggio dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di Inclusione è stato da lui descritto come un fallimento. E questo perché la nuova misura si è rivelata, a suo dire, completamente inadeguata a fornire un sostegno reale alle famiglie bisognose. “Siamo passati dagli sperperi del Reddito di Cittadinanza all’inadeguatezza dell’Assegno di Inclusione”, dichiara. Poi aggiunge: “Una misura completamente insufficiente che che tra vincoli e requisiti inaccessibili ha lasciato milioni di Italiani nel dimenticatoio, privandoli di ogni forma di sostegno e di garanzia di accesso a beni e servizi e essenziali“. Queste le dure parole di Stefano Bandecchi che, in relazione ai dati Istat sulla povertà, sottolineano l’inadeguatezza della classe politica attuale nell’affrontare la situazione.
Inadeguatezza che ha spinto Bandecchi e Alternativa Popolare a mettersi in prima fila per cercare di risolvere alcuni dei più gravi problemi di un’Italia allo sbando. In questo contesto si inserisce il suo tour in camper per la campagna elettorale per le prossime europee e amministrative. “Girando l’Italia, in questi giorni, sto raccogliendo le richieste di aiuto degli italiani che altro non chiedono che lavoro e dignità“, afferma Bandecchi. E poi conclude: “Il Paese è vicino a una catastrofe sociale e dal Parlamento non arrivano risposte: per questo noi di Alternativa Popolare abbiamo scelto di scendere in campo“.
I dati Istat sulla povertà delineano un quadro preoccupante ma stabile
Nel 2023, l’Italia si trova a fare i conti con una realtà socio-economica che vede 5,7 milioni di individui vivere in condizioni di povertà assoluta, secondo le stime preliminari fornite dall’Istat. Questo dato, che rappresenta l’8,5% dell’intera popolazione residente, segnala una situazione di sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente, quando la percentuale si attestava all’8,3%. La definizione di povertà assoluta adottata dall’Istat identifica quelle famiglie la cui spesa mensile non supera una soglia minima, necessaria per l’acquisto di un paniere di beni e servizi essenziali a garantire uno standard di vita dignitoso e a prevenire gravi forme di esclusione sociale.
Nonostante la stabilità generale, il Nord Italia registra un incremento di quasi 136mila persone in povertà assoluta rispetto al 2022, con un’incidenza familiare stabile all’8,0% e un aumento dell’incidenza individuale al 9,0%. Al contrario, il Mezzogiorno mostra valori stabili e superiori rispetto alle altre aree del Paese, con un’incidenza familiare del 10,3% e un’incidenza individuale del 12,1%, entrambe in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente.
Particolarmente preoccupante è la situazione dei minori, con 1,3 milioni di bambini e ragazzi che vivono in famiglie in povertà assoluta, un numero sostanzialmente invariato rispetto al 2022. Tuttavia, l’incidenza della povertà assoluta tra i minori raggiunge il 14%, il valore più alto registrato dalla serie storica iniziata nel 2014. Le fasce d’età dei giovani adulti (18-34 anni) e degli anziani (over 65) mostrano incidenze di povertà stabili, rispettivamente all’11,9% e al 6,2%, quest’ultimo il segmento meno colpito dal disagio economico.
Il Governo minimizza: “È un aumento molto contenuto”
Di fronte ai recenti dati Istat che evidenziano una situazione di povertà assoluta per 5,7 milioni di italiani nel 2023, il Governo ha tentato di minimizzare l’entità del problema, sostenendo che l’aumento della povertà è stato “molto contenuto” e ha interessato principalmente le famiglie straniere. Una posizione, questa, che ha sollevato critiche e preoccupazioni da parte delle opposizioni, sindacati e associazioni, i quali hanno messo in luce la mancanza di attenzione verso i lavoratori indigenti, ovvero quei dipendenti che, nonostante un impiego, vivono in condizioni di povertà.
La risposta del governo, che ha impiegato un giorno e mezzo per formulare un commento, si è concentrata sul confronto con i dati dell’anno precedente. Il tentativo è quello di evidenziare un miglioramento grazie alle politiche adottate. Non è stata data, però, alcuna spiegazione riguardo l’aumento dell’indigenza tra le famiglie con un lavoratore dipendente. Un fenomeno che contraddice la narrazione governativa di un mercato del lavoro in salute e l’assenza di necessità di un salario minimo legale.
Infine ha sottolineato come la povertà abbia colpito principalmente le famiglie straniere. Un punto che sembra mirare a ridimensionare la gravità del problema attribuendolo a una parte specifica della popolazione. Questa enfasi sulla nazionalità delle famiglie impoverite ha suscitato, come era prevedibile, ulteriori critiche per la sua apparente intenzione di rendere più accettabile la situazione di povertà se riguarda gli stranieri.