A Terni tre autovelox sono finiti sotto il mirino dei ricorsi legali a seguito della recente sentenza della Corte di Cassazione. Quest’ultima ha sollevato dubbi significativi sulla validità delle multe emesse da dispositivi non adeguatamente omologati. Il caso di riferimento proviene da Treviso, dove un automobilista è riuscito a ottenere l’annullamento di una multa per eccesso di velocità grazie alla mancata omologazione dell’apparecchio.

Terni, tre autovelox sotto osservazione

La sentenza della Corte di Cassazione e l’annullamento della multa all’avvocato di Treviso, anche se il verdetto è stato pronunciato su un caso specifico, ha però stabilito un precedente importante. Questo evento potrebbe trasformarsi in un grosso problema finanziario per il Comune di Terni. In città, infatti, già più di una volta gli automobilisti hanno portato all’attenzione problemi legati ad alcuni autovelox. Il rischio imminente è infatti quello di una vera e propria valanga di ricorsi legali. In particolare, tre sono gli apparecchi “incriminati”: in via Lessini, in viale dello Stadio e in via Alfonsine.

Nel 2023 i tre autovelox hanno emesso ben 23.957 multe, tuttavia un significativo numero di queste non sono state saldate. Questo lascia al Comune di Terni un deficit di incassi decisamente importante. Si parla di circa 10,5 milioni di euro da multe non pagate degli anni precedenti. Con la sentenza della Cassazione sul caso di Treviso, questo buco nel bilancio comunale potrebbe ulteriormente allargarsi. Inoltre, il budget del Comune per gli anni 2024-2026 si basa pesantemente sui proventi attesi dalle contravvenzioni, stimati in oltre 22 milioni di euro.

I tre autovelox di Terni sono ora soggetti a scrutinio dettagliato per determinare se anche essi potrebbero essere stati impiegati senza una completa omologazione. Ciò apre la possibilità a numerosi ricorsi che potrebbero annullare le sanzioni emesse nelle ultime settimane e che non sono state ancora pagate.

Autovelox a Terni: il supporto di Federconsumatori e le prospettive legali

Le associazioni dei consumatori, in particolar modo la Federconsumatori provinciale di Terni presieduta da Franco Todaro, si mettono al servizio dei cittadini che intendano fare ricorso per le multe ricevute. Come hanno specificato i giudici, afferma Todaro, “su ogni autovelox conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del decreto ministeriale di omologazione e di approvazione ed il nome del fabbricante“.

Quella di Treviso è “una sentenza della Corte di Cassazione che non è impugnabile, quindi è evidente che c’è quasi la certezza di vittoria“, prosegue Todaro. E il motivo è semplice: “Se la mancata omologazione viene verificata, la sanzione diventa nulla. Perché dopo la sentenza della Cassazione si garantirà l’uniformità delle altre sentenze. E risulta che anche gli autovelox ternani abbiano le stesse problematiche di quelli di Treviso“.

Ancora Todaro: “Siamo pronti a supportare con i nostri avvocati i cittadini che ci chiederanno aiuto con la verifica. Soprattutto del verbale notificato per cui va richiesto l’accesso agli atti al Comune“. Il presidente dell’associazione ricorda anche che “il ricorso può essere presentato entro 60 giorni dal ricevimento del verbale dinanzi al Prefetto. O entro 30 davanti al giudice di pace“. Niente da fare, invece, per “le multe già pagate o quelle per cui siano scaduti i termini” per le quali “non è possibile proporre ricorso“.

La sentenza che fa scalpore: cosa è successo a Treviso

La sentenza emessa il 18 aprile dalla Seconda sezione civile della Corte di Cassazione chiarisce definitivamente la distinzione tra i procedimenti di autorizzazione e omologazione degli autovelox. Non solo, apre la strada all’annullamento delle multe e alla disattivazione degli autovelox non conformi.

Il caso giudiziario che ha portato a questa sentenza ha avuto inizio con un automobilista di Treviso, sanzionato per eccesso di velocità lungo la tangenziale. Il ricorso è giunto fino alla Corte di Cassazione, che ha respinto l’appello del comune sottolineando che l’autovelox utilizzato non era omologato. Tale apparecchio era sì autorizzato ma non aveva superato i controlli postumi necessari per confermare la sua omologazione, come richiesto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

L’avvocato Fabio Capraro da anni porta avanti una battaglia per la giusta applicazione dei concetti di approvazione e omologazione. Commentando la sentenza – “È chiarissima” – Capraro ha evidenziato come la mancata omologazione potrebbe essere interpretata come un reato di truffa se si dimostra che le ammende sono state elevate da dispositivi ritenuti conformi, quando in realtà non lo erano. Ha inoltre sottolineato la complicazione aggiuntiva dei rapporti commerciali tra i comuni e le ditte fornitori di autovelox, e la significativa spesa che comporta l’omologazione di questi dispositivi.

Questa sentenza, quindi, non solo chiarisce una distinzione legale fondamentale, ma solleva anche questioni di trasparenza e correttezza amministrativa potenzialmente applicabili a tutti i comuni italiani.