A Terni, lo stabilimento Ast sembra giocare una partita a scacchi con il futuro. Il gruppo Arvedi ha tirato il freno sull’accordo di programma richiesto due anni e mezzo fa, ritenendolo impraticabile senza una strategia chiara sui costi dell’energia. Una posizione che lascia molti interrogativi e tanta tensione fra chi vive e lavora attorno a questa realtà industriale. “Non c’è ancora una soluzione concreta in vista”, denunciano Alessandro Rampiconi e Claudio Cipolla di Fiom e Cgil Terni.
Ast, bramme indonesiane e fabbrica al rallentatore
Intanto, la produzione rallenta e le bramme arrivano dall’Indonesia, come se lo stabilimento locale fosse in pausa forzata. Una pausa che pesa come un macigno sui lavoratori, costretti a navigare in un mare di incertezza. “Questa situazione non aiuta certo a immaginare un domani positivo”, spiega Massimiliano Catini, coordinatore Rsu del sindacato.
Le pause nella produzione non riguardano solo l’aspetto operativo, ma anche il morale dei dipendenti, che si trovano a lavorare in condizioni di precarietà e dubbio costante. Questo clima di incertezza non è certo il terreno fertile per pianificare o per sperare in un rilancio solido del comparto industriale.
Ast, investimenti dimezzati, prospettive opache
Dagli iniziali progetti da un miliardo di euro si è passati a un budget di 600 milioni. L’acciaio magnetico, fiore all’occhiello annunciato, rimane un miraggio. Anche la permanenza di due forni fusori è in bilico. Tutto questo, mentre il ministero assicura che una soluzione sarà trovata entro il 20 gennaio, ma senza dare certezze sulle modalità. Il rischio? Un futuro senza punti fermi, con il gruppo che potrebbe muoversi senza un piano condiviso e i sindacati a mani vuote.
La decisione di ridurre gli investimenti pesa anche sulle prospettive di crescita tecnologica e innovazione, aspetti che avrebbero potuto posizionare Ast come un leader nel settore. Invece, si assiste a un progressivo ridimensionamento delle ambizioni.
Politica e tensioni sul campo
Come se non bastasse, il clima politico intorno alla vicenda è tutt’altro che sereno. Il sindaco di Terni Stefano Bandecchi ha dichiarato di non essere disposto ad accettare soluzioni “low cost” per l’energia destinate unicamente ad Ast, la fabbrica più importante e fondamentale della città.
Questo braccio di ferro tra le varie componenti politiche e istituzionali rende ancora più complicato trovare una strada comune. Mentre i riflettori sono puntati su tavoli di trattativa che spesso finiscono per diventare arene di scontro, i lavoratori rimangono gli unici veri penalizzati.
Promesse vecchie, problemi nuovi
Già nel 2023, l’azienda aveva sollevato il problema dei costi energetici. Da allora, le promesse fatte in piena campagna elettorale sono rimaste lettera morta. Rampiconi ricorda: “Il tema era stato posto con forza, ma il Governo non ha fatto passi avanti concreti”. Oggi, la palla sembra rimbalzare tra Regione e azienda, senza un vero arbitro.
L’incapacità di trovare una soluzione condivisa non fa altro che alimentare la sfiducia generale. Ogni promessa non mantenuta diventa un nuovo tassello di una crisi che sembra allontanarsi sempre di più da una risoluzione.
Uniti, ma in attesa
Fiom e Cgil continuano a fare fronte comune, consapevoli che il tempo scorre. “L’accordo di programma non è una nostra iniziativa, ma è bloccato da troppo tempo”, sottolinea Cipolla. Gli investimenti annunciati, pur rilevanti, rimangono appesi a un piano industriale che tarda a materializzarsi. Il futuro di Terni e del suo polo siderurgico resta una questione aperta, tutta da scrivere.
Nel frattempo, i lavoratori e il territorio si trovano in una sorta di limbo. La mancanza di una visione strategica e di interventi rapidi alimenta una sensazione di abbandono che non può essere ignorata. E mentre si attendono risposte, il tempo per salvare davvero lo stabilimento continua a scorrere inesorabilmente.