Nel comunicato di Alternativa Popolare, il vicepresidente del Consiglio Comunale Raffaello Federighi ripercorre la storia delle acciaierie ternane, una saga industriale che ha visto lo Stato cedere il passo ai privati in una sequenza di passaggi di proprietà che ha ridisegnato il destino della città.

La siderurgia a Terni nasce nel 1884 e, nel tempo, ha attraversato cambiamenti radicali, passando da un simbolo dell’industria pubblica alla gestione di gruppi stranieri e, infine, nelle mani di Arvedi. Una parabola che, per molti, racconta di strategie discutibili e occasioni perse, mentre l’economia locale continua a subire gli effetti di queste scelte.

L’energia come ostacolo alla competitività

Il comunicato descrive una situazione tesa, con il costo dell’energia che pesa come un macigno sulla competitività dello stabilimento. Federighi non ci gira intorno: Arvedi non vuole firmare l’accordo di programma se non vede un taglio netto sulle bollette. Una posizione che, a detta del vicepresidente del Consiglio Comunale, mette in dubbio la volontà reale dell’azienda di puntare sul sito ternano. Più che una strategia industriale, sembra una partita a scacchi dove la proprietà tenta di dettare le regole del gioco, lasciando a Terni il ruolo di spettatore obbligato.

Ambiente e produzione, un equilibrio instabile

Le istituzioni locali si trovano a barcamenarsi tra il bisogno di tenere in piedi la produzione e la necessità di affrontare una situazione ambientale sempre più esplosiva. L’accordo di programma promette fondi pubblici per ammodernare gli impianti e ridurre le emissioni, ma il comunicato non nasconde dubbi sulla volontà di Arvedi di rispettare gli impegni senza chiedere contropartite. Federighi ribadisce che un’azienda di questa portata non può pensare di usare le istituzioni come un bancomat, lasciando ai cittadini il conto da pagare.

Nel frattempo, il Comune di Terni alza il tiro e parte all’attacco con controlli ambientali più stringenti nello stabilimento. Il 10 febbraio 2025 diventa la data simbolo di questa svolta, con la polizia locale che entra in azione per monitorare giorno dopo giorno la qualità dell’aria e altri parametri. “Tutti i giorni misurazioni più precise”, annuncia il sindaco Stefano Bandecchi, che non si limita a parole e si presenta di persona insieme agli agenti per ispezionare l’area.

La tensione tra Palazzo Spada e Acciai Speciali Terni è ormai tangibile, e Bandecchi non nasconde il deterioramento dei rapporti con l’azienda dopo le dichiarazioni dell’amministratore delegato Dimitri Menecali, che ha messo sul tavolo un aut aut legato al costo dell’energia.

Posti di lavoro a rischio, tensioni crescenti

Il lavoro in bilico è il nodo più spinoso della questione. Il sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, ha ribadito che la salute pubblica non può essere considerata una variabile negoziabile per tenere in piedi la produzione. Federighi non usa giri di parole e avverte che senza l’accordo si rischiano licenziamenti e un dimezzamento delle attività, con conseguenze pesanti sull’economia cittadina.

A rincarare la dose ci pensa il Comitato Prisciano-Terni est, che mette in guardia dalle solite manovre fumose e pretende decisioni nette. “Nessun trattamento di favore deve essere concesso, Terni non può e non deve accettare alcun compromesso”, si legge nella loro nota. 

Il futuro dell’acciaio ternano tra incertezze e alternative

Negli ultimi decenni, i lavoratori dello stabilimento sono passati dai 15.000 degli anni ‘60 agli attuali 2.300, una discesa libera che, secondo Federighi, impone una seria riflessione. Il documento invita a smettere di giocare in difesa e a immaginare strade alternative che non lascino la città in balia delle decisioni aziendali.

L’industria dell’acciaio, sotto pressione per dinamiche globali e scelte commerciali discutibili, è un terreno minato che non può essere ignorato. Il comunicato chiude con un messaggio netto: trovare soluzioni reali per salvaguardare lavoro e futuro, senza accettare imposizioni che non guardano agli interessi del territorio.