Arvedi AST ha scelto la platea della Commissione Attività produttive della Camera per alzare la tensione sui rischi occupazionali. Che potrebbero derivare dalla mancata firma dell’Accordo di programma. Di fronte ai commissari di Montecitorio, infatti, l’AD dell’azienda di viale Brin, Dimitri Menecali, ha delineato due scenari possibili. Il “best case“, con il gruppo Arvedi e Acciai speciali Terni, che grazie agli investimenti diventerà leader europeo dei laminati piani in acciaio inox. Il “caso choc“, invece, con un sempre più frequente ricorso agli ammortizzatori sociali e, addirittura, con l’occupazione del sito “messa a repentaglio”. Qualora non si trovasse una soluzione strutturale per il problema energetico e non si arrivasse alla firma dell’Accordo di programma.
Chi si aspettava che l’audizione alla Camera di AST e sindacati portasse velocemente all’ultimo miglio, può consolarsi con la convocazione del tavolo col ministro Urso. Si terrà l’8 ottobre in via Veneto, sede del MIMIT, e dovrebbe essere risolutivo per trovare una risposta al problema dei costi energetici. Quello cioè che tiene ferma sia la firma dell’Accordo di rilancio del sito ternano in ottica green, sia il complesso degli investimenti (circa 860 milioni restanti). Compresi i 320 milioni da traguardare entro il 2026 con i finanziamenti PNRR. “Fondi che, passando il tempo – ha aggiunto Dimitri Menecali – rischiano di essere vanificati“.
Rischi occupazionali per AST, l’azienda chiede soluzioni strutturali per l’energia
Quello di Montecitorio, al quale hanno preso parte alcuni parlamentari umbri, come Nevi (FI), Piccolotti (AVS), Pavanelli (M5S) e Ascani (PD), era un appuntamento politico. Un’audizione informale. Doveva servire ai parlamentari per entrare nei dettagli della lunga trattativa sull’Accordo di programma e sul rebus energetico. Ma il brivido, innescato dalla domanda di Ascani sulle ricadute occupazionali in caso di mancato completamento degli investimenti, alla fine è arrivato.
“Abbiamo anche incrementato il livello occupazionale – detto Menecali -. Ci siamo fatti carico di situazioni di difficoltà delle aziende del territorio riassorbendo e lavoratori fuoriusciti da aziende in crisi, soprattutto in ambito automotive. Noi sentiamo la grande responsabilità nei confronti dei lavoratori. Di garantire il loro futuro. Ma il problema dei costi dell’energia, che tiene fermo l’Accordo di programma, può minare il mantenimento di questi obiettivi. Non si tratta di un aspetto marginale, ma ci aspettiamo che gli strumenti per affrontare situazioni emergenziali possano diventare soluzioni strutturali. In caso contrario, potrebbe essere messa a repentaglio l’occupazione del sito. Una prospettiva che, ovviamente, non vogliamo e non ci auguriamo“.
Apredo il suo intervento l’AD dell’acciaieria aveva ricordato la storia recente. L’ultima fase della ThussenKrupp, “con risultati economici deludenti e investimenti insufficienti“. E l’avvento del gruppo Arvedi.
“Impattiamo in modo rilevante in termini di livelli occupazionali di impatto e di PIL sul territorio umbro – ha chiarito il manager ternano -. E quindi Arvedi ha cominciato, fin da subito, a occuparsi di garantire la continuità operativa e quindi l’occupazione del sito. Il pianodi rilancio, volto a cogliere gli obiettivi di decarbonizzazione imposti dal Green Deal è ambizioso. Dal 2022 sono stati già impiegati quasi 220 milioni e lanciati investimenti per circa 350 milioni. Investimenti destinati al bilanciamento della capacità produttiva, quindi all’aumento del output di prodotto finito. Investimenti già ora superiori del 40% a quelli che hanno caratterizzato il periodo di gestione ThyssenKrupp“.
Menecali ha posto l’accento sulla sostituzione dell’impianto core degli asset produttivi dello stabilimento, il forno riscaldo bramme. Sostituendolo con un impianto che entrerà in servizio a gennaio del 2026. La costruzione è già iniziata e ridurrà le emissioni dell’impianto più energivoro del 30%. Considerando che da solo questo impianto consuma un terzo del gas metano dello stabilimento.
L’intervento dei sindacati: “Aspettiamo la convocazione del tavolo ministeriale, preoccupazione per l’Accordo di programma”
Prima dell’audizione dei sindacati, Menecali aveva rilanciato la proposta di agganciare la soluzione strutturale del fabbisogno energetico a costi competivi di AST all’idroelettrico ternano. In un quadro in cui tutte le aziende energivore del Paese, richiedono un allineamento dei costi a livello europeo per ottenere una concorrenza reale sulla qualità dei prodotti e non sui prezzi di produzione, almeno dentro i confini comunitari.
Per i sindacati sono intervenuti, nell’audizione successiva, il segretario della FIOM Rampiconi, quello della FIM Liti, quello nazionale della UILM Gambardella e, infine, il segretario della UGL Francescangeli. Da tutti la sollecitazione per un ritorno al tavolo ministeriale e un richiamo alla trategicità dell’Accordo di programma per completare gli investimenti.
I sindacati, che finora erano rimasti fuori dalla trattativa tra Governo, Regione ed enti locali, e gruppo Arvedi, reclamano un maggiore coinvolgimento. Per toccare con mano lo stato dell’arte sugli investimenti relativi alle linee produttive e all’ammodernamento impiantistico, in ottica di decarbonizzazione delle produzioni.
“Senza gli investimenti previsti dall’Accordo di programma – hanno detto i rappresentanti sindacali – l’azienda perde competitività. Abbiamo sentito parlare di rischi occupazionali per AST e li abbiamo sperimentati da poco con una settimana di cassa integrazione. Dal canto suo la proprietà ha messo in stand by il piano più ambizioso, che avrebbe mvimentato un miliardo di euro, perché non c’è ancora la firma sull’Accordo. Manca il nodo dell’energia? Che arrivi una proposta. Noi stiamo aspettando una idea risolutiva che affronti il nodo da subito. Perché le gare dell’idroelettriche ci saranno nel 2029. E non si può perdere altro tempo. Pena il dumping sui semilavorati che arrivano dall’Asia e sono prodotti con costi minori rispetto all’Italia“.
Se ne riparlerà in via Veneto.