“Fermiamo la deindustrializzazione. Sull’Ast le responsabilità sono politiche: a dichiararlo con estrema convinzione è Marco Rizzo, candidato alla presidenza della Regione Umbria con Democrazia Sovrana Popolare. Il tema al quale si riferisce è ormai stra noto, Rizzo commenta la dibattuta notizia dello spegnimento del forno dell’Ast di Terni a causa dell’insostenibilità dei costi.

E’ infatti la prima volta, nei suoi lunghi 140 anni di storia, che l’azienda Ast – Acciai Speciali Terni, principale produttore italiano di acciaio inox, si trova a fermare per una settimana intera uno dei suoi due forni elettrici. Non è tutto, congiuntamente Ast annuncia la cassa integrazione ordinaria per circa 200 persone per la durata dei suddetti 7 giorni di stop. A motivare la decisione, non è un calo degli ordini, bensì la presa di consapevolezza degli eccessivi costi dell’energia.

Ast di Terni, Rizzo: “Noi lottiamo per il lavoro”

“Da anni noi lottiamo per il lavoro. E la lotta per il lavoro è innanzitutto una lotta per una economia che funziona, che il lavoro lo produce”: così Marco Rizzo, leader di Democrazia Sovrana Popolare e candidato presidente in corsa per l’Umbria, interviene sull’acceso dibattito pubblico che riguarda lo spegnimento del forno dell’Ast di Terni.

“L’economia, però – prosegue il coordinatore nazionale di DSP – non cresce grazie alle ideologie che oggi sembrano vincenti, quelle del liberismo globalista. Cresce se si adottano misure concrete efficaci”. Secondo Marco Rizzo, infatti, “il mantra, appunto ideologico, delle liberalizzazioni, che ci ripetono destra, sinistra e Unione europea da anni, si è rivelata una dottrina vuota. Semplicemente, ad osservare i fatti, non funziona”. “Ad ogni ondata di liberalizzazione l’economia si indebolisce – spiega – il lavoro diminuisce o diventa meno redditizio, e l’economia peggiora ulteriormente. E’ un circolo vizioso, che nessuno vuole però interrompere”.

Rizzo: “Riportiamo settore energetico sotto lo Stato”

Per aiutare le industrie energivore come l’Ast, che già sono poche e ridotte al lumicino, grazie a 30 anni di deindustrializzazione, servono misure concrete e sistemiche afferma, inoltre, Marco Rizzo. Per l’ex parlamentare, infatti, “il costo dell’energia è andato alle stelle perché, approfittando della complicata congiuntura internazionale, i gestori energetici fanno speculazione. Fanno affari d’oro ma rovinano tutte le attività energivore, dall’industria pesante al piccolo commercio“.

“Questo è il risultato delle liberalizzazioni – ribadisce, quindi, il coordinatore nazionale di Democrazia Sovrana Popolare – vince il più forte come nella giungla. Allora questo meccanismo va invertito: serve per lo meno un calmiere, ma ancora meglio sarebbe riportare il settore energetico sotto pieno controllo pubblico, in modo che possa essere controllato per servire lo sviluppo e la crescita del Paese, anziché per arricchire poche decine di azionisti sulla pelle di lavoratori e di piccole e medie imprese”.

Ast di Terni, cosa è successo?

Prima di giungere alla decisione finale di fermare l’uso di un forno e mettere in cassa integrazione ordinaria ben 200 lavoratori per una settimana, Ast – Acciaierie Speciali Terni aveva provato a dare l’allarme sulla “questione energetica” diventata ormai insostenibile.

Le bollette energetiche che l’azienda era costretta a pagare, infatti, da tempo risultavano sproporzionate rispetto a quelle dei concorrenti europei, con un costo che arrivava a essere fino a tre volte superiore. Questa situazione distorceva la concorrenza, dal momento che penalizzava gravemente la competitività di Ast sui mercati internazionali. Ed è questo il motivo per cui l’azienda del gruppo Arvedi aveva tentato di sensibilizzare i propri dipendenti e l’opinione pubblica installando una maxi affissione all’interno del suo stabilimento di Terni.

Il cartellone illustrava, quindi, in dettaglio i fattori che avevano portato a questa drammatica condizione economica, andando a richiamare l’attenzione sulla necessità di interventi istituzionali a livello nazionale ed europeo per ristabilire condizioni eque di concorrenza. In particolare, tra i punti chiave del cartello, la storia dell’esproprio del ramo elettrico dell’azienda e il mancato indennizzo.