L’acciaio a Terni non è solo una tradizione industriale: è un simbolo di resilienza economica e sociale. Ma oggi, sotto i riflettori, non ci sono i forni incandescenti, bensì i costi energetici alle stelle. La sopravvivenza e il rilancio di Acciai Speciali Terni (AST) dipendono da una variabile che sfugge al controllo diretto dell’azienda: il prezzo dell’energia.

Negli ultimi anni, il tema del costo energetico ha assunto un peso sempre maggiore, trasformandosi in un ostacolo che compromette la competitività dell’azienda rispetto ai player europei. La pressione per trovare una soluzione non è mai stata così alta.

Arvedi e la mossa che potrebbe cambiare il gioco

Durante un incontro tenuto a Cremona presso la Finarvedi, il gruppo guidato dal Cavaliere Giovanni Arvedi avrebbe accennato a una soluzione per arginare il problema. Una proposta, ancora tutta da svelare, che punta a ridurre il peso dei costi energetici. Tale scenario impegna il Governo a convocare un tavolo il prima possibile, per valutare la fattibilità della proposta e mettere in campo i propri impegni. In assenza di un Accordo di programma, pur registrando la volontà del gruppo siderurgico di investire come promesso su Terni, restano le preoccupazioni e occorre mantenere alta l’attenzione, affermano Alessandro Rampiconi e Massimiliano Catini, volti di punta di Fiom Cgil a Terni.

Il Cavaliere Arvedi ha sottolineato l’importanza di un intervento istituzionale per sbloccare la situazione. L’azienda, da parte sua, sembra determinata a perseguire il rilancio, ma con riserve legate alle difficoltà strutturali che solo un supporto governativo può alleviare.

La partita delle relazioni sindacali

Le tensioni sul fronte lavoro non mancano. Lo sciopero del 19 novembre ha alzato il velo su problemi mai del tutto risolti: ritmi di lavoro insostenibili e incertezza sul futuro degli interinali. A Cremona, però, un passo avanti sembra esserci stato. Si tratta nei prossimi giorni di calare sul sito questa intenzione condivisibile, serve un coinvolgimento delle Rsu, in prima istanza, per concepire verbali di riunione e/o accordi, che in questi anni si sono ridotti al lumicino e invece sono utili per determinare salario e occupazione, spiegano Rampiconi e Catini.

Negli ultimi anni, i rapporti tra lavoratori e proprietà si sono incrinati, complice una carenza di comunicazione chiara e accordi stabili. L’intenzione espressa dall’azienda a Cremona sembra andare nella direzione di un dialogo più aperto, ma le prossime settimane saranno cruciali per verificare la concretezza delle promesse.

Martedì nero o luce in fondo al tunnel? L’antefatto di Cremona

La serata del 10 dicembre ha riunito a Cremona nomi di peso: il Cavaliere Giovanni Arvedi, Mario Arvedi Caldonazzo, Dimitri Menecali e Giovanni Scordo, insieme ai rappresentanti di FIM, FIOM e UILM. L’azienda ha ribadito il piano di rilancio, ma ha anche messo sul tavolo la variabile più insidiosa: l’energia. Le parole del Cavaliere puntano a maggiore trasparenza e coinvolgimento dei lavoratori, ma i sindacati restano vigili. “Il MIMIT deve convocare il prima possibile le parti per verificare la fattibilità delle soluzioni che sono in capo e specificare i propri impegni”, affermano le segreterie territoriali.

“Come FIM-FIOM-UILM di Terni – si legge in una nota – abbiamo ribadito le ragioni che hanno portato allo sciopero del 19 novembre 2024, in riferimento alla indisponibilità di discutere il dettaglio del piano industriale e delle ricadute negative in ordine ai carichi e ritmi di lavoro. Il Cav. Giovanni Arvedi ha espresso la volontà di proseguire il progetto con una maggiore trasparenza e coinvolgimento dei lavoratori attraverso le organizzazioni sindacali che si dovrà attuare nei prossimi mesi in sede aziendale”.

Non si tratta solo di numeri o piani industriali: in gioco ci sono salari, sicurezza e futuro di migliaia di persone. “Come FIM-FIOM-UILM di Terni vigileremo affinché ciascuno si assuma i propri impegni e le proprie responsabilità, consapevoli che queste primissime aperture e chiarimenti sono il frutto della rivendicazione dei lavoratori e delle lavoratrici, i quali, come più volte ribadito da parte della proprietà, sono al centro del progetto”.

Dove si va da qui?

Mentre Arvedi si prepara a calare il suo asso, il tempo scorre. La palla è ora nelle mani del Governo e degli enti locali: agire in fretta non è un’opzione, è una necessità. Da un lato, c’è l’urgenza di un Accordo di programma che consenta all’azienda di operare in un contesto più stabile; dall’altro, i lavoratori chiedono risposte concrete su questioni quotidiane come i ritmi di lavoro, la sicurezza e la stabilità occupazionale.

L’acciaio a Terni è un pezzo di storia industriale italiana, ma il suo futuro dipende da scelte politiche e industriali che non possono più essere rimandate.