11 May, 2025 - 18:00

"Artieri del Giro": arte, radici e simboli nella ceramica eugubina Lo storico Ettore Sannipoli racconta la mostra “Ceramiche per il Giro d’Italia” 

"Artieri del Giro": arte, radici e simboli nella ceramica eugubina Lo storico Ettore Sannipoli racconta la mostra “Ceramiche per il Giro d’Italia” 

È stato Ettore Sannipoli, storico dell’arte e della ceramica eugubina, a tenere la conferenza di presentazione della mostra “Ceramiche per il Giro d’Italia”, un’iniziativa corale voluta dall’amministrazione comunale in occasione della partenza del Giro da Gubbio il prossimo 18 maggio.
E il punto di partenza, per Sannipoli, è stato proprio il luogo scelto per l’esposizione: un antico laboratorio artigiano ricostruito, un “ambiente che parla”, che racconta con pietre, scaffali e odori il legame profondo tra arte e bottega.

“È stata davvero azzeccata l’idea di allestire la mostra qui. Siamo di fronte alla rappresentazione di una bottega vera, alla vecchia maniera. E il rapporto tra artigianato e arte è più stretto di quanto oggi siamo portati a credere.”

L’artigianato come matrice dell’arte italiana

Sannipoli ha poi condotto il pubblico in un viaggio attraverso la storia della figura dell’artista, mostrando come la separazione moderna tra arte ‘alta’ e artigianato sia una costruzione recente, e in molti casi fuorviante.

“Oggi abbiamo l’idea che l’arte sia elevata, distante, concettuale. Ma non è sempre stato così. Nel Medioevo e nel Rinascimento, l’artista era innanzitutto un artigiano. Giotto era un artigiano. E Giotto è ai vertici assoluti della storia dell’arte.”

Dai maestri cortigiani come Mantegna o Leonardo, agli imprenditori come Raffaello o Bernini, fino all’artista burocrate come Canova e all’artista di strada incarnato da Caravaggio, la figura dell’artista ha avuto molteplici volti. Ma prima di tutto, sottolinea Sannipoli, c’è stata la bottega.

L’artista-artigiano: tra maestranza e creatività

Non un artista isolato nella torre d’avorio, ma un “artiere”, secondo un’espressione riscoperta dallo studioso Roberto Papini subito dopo la Prima guerra mondiale. Un termine che descrive chi non separa la bellezza dall’utile, la mano dal pensiero, il lavoro dall’arte.

“Gli artieri non si chiudono nella contemplazione. Si rimboccano le maniche. Si mettono in gioco in un’attività produttiva. Cercano di saldare committenza, maestranza e significato artistico in una stessa azione.”

Un modello che ha avuto un illustre precedente eugubino in Aldo Ajò, il grande ceramista di Gubbio del primo Novecento che dopo aver sognato di diventare pittore, scelse di dedicarsi alla ceramica, fondando una bottega che univa arte, tecnica e sperimentazione.

Chi sono gli “Artieri del Giro”

Sannipoli ha definito anche i protagonisti della mostra come “artieri”, usando volutamente questo termine carico di memoria e significato.

“I partecipanti alla mostra sono artieri. Non perché riproducano oggetti antichi o si limitino a fare decorazione, ma perché incarnano la figura dell’artista che lavora nella bottega e si misura con la materia, senza rinunciare alla ricerca.

Le opere presentate in mostra, infatti, non si limitano a replicare motivi del passato: sono innovative, eppure radicate, moderne ma profondamente eugubine, nate da un confronto con la grande tradizione ceramica locale e non da un rifiuto.

Una tradizione gloriosa: Mastro Giorgio e oltre

Sannipoli ha ricordato la ricchezza della ceramica eugubina, a partire dal Cinquecento con Mastro Giorgio Andreoli, nato a Intra ma divenuto “cittadino eugubino” a tutti gli effetti. Le sue opere con lustri metallici e piatti istoriati sono veri e propri capolavori pittorici su terracotta.

“I suoi istoriati erano come quadri: raccontavano storie su piatti, vasi, oggetti d’uso quotidiano. La ceramica eugubina del Cinquecento ha avuto una rilevanza pari alle grandi scuole pittoriche del tempo.”

E non solo: anche lo Storicismo ottocentesco e la ceramica tra le due guerre hanno prodotto opere di grande interesse, alimentando una linea ininterrotta che arriva fino a oggi.

L’innovazione che nasce dalle radici

Ciò che rende potenti le opere della mostra, spiega Sannipoli, è proprio questo aggancio profondo con la tradizione:

“Anche le opere più innovative qui esposte hanno dentro di sé elementi riconoscibili: una forma, un motivo decorativo, una tecnica. Come un’armonia musicale ricca di ‘armonici’ che rendono il suono più bello e pieno.”

Un esempio è l’utilizzo della tecnica del ‘buchero’, introdotta a Gubbio negli anni Venti del Novecento e poi rielaborata in forme nuove. Oppure la decorazione “ornata”, che richiama motivi antichi ma li rilegge con occhio contemporaneo.

La sineddoche come chiave di lettura

Sannipoli ha poi offerto una lettura originale delle opere attraverso una figura retorica: la sineddoche, cioè l’uso di una parte per indicare il tutto, o viceversa.

“Molte ceramiche usano simboli per rappresentare concetti più ampi. Una ruota per dire ‘bicicletta’. Il Palazzo dei Consoli per dire ‘Gubbio’. Un motivo floreale per evocare la primavera. È un linguaggio antico e potentissimo, che parla anche a chi non conosce la nostra storia.”

Il risultato è un insieme di immagini evocative, capaci di comunicare l’evento, il territorio e l’identità con forza visiva ed emozionale.

Tradizione e modernità: un equilibrio vitale

La mostra, conclude Sannipoli, non è una rievocazione nostalgica né un esercizio formale. È un progetto vivo, che guarda al futuro con rispetto per il passato e fiducia nel presente.

Non è facendo ‘come si faceva’ che si tiene viva una tradizione. È capendola, traendone energia, per dire qualcosa di nuovo. Questi artieri ci stanno riuscendo.”

Conclusione: una mostra che racconta molto più di quello che espone

“Ceramiche per il Giro d’Italia” non è solo una mostra. È un manifesto culturale, una dichiarazione di intenti. È il tentativo riuscito di mostrare che arte e lavoro, tradizione e innovazione, memoria e progetto non sono opposti, ma elementi di un’unica tensione creativa.

Ettore Sannipoli lo ha ricordato con parole chiare, in un intervento che ha avuto il sapore della lezione e la forza di un’eredità vissuta:

“Queste ceramiche non parlano solo del Giro d’Italia. Parlano di noi. Di quello che siamo stati, di quello che potremmo essere. Se continuiamo a credere nella bottega, nella materia, nella bellezza fatta con le mani.”

Una ceramica per il Giro. Ma, soprattutto, una ceramica per Gubbio.

E per chi saprà ancora ascoltarla.

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Mario Farneti
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