L’area archeologica del Teatro Romano di Gubbio riveste un preminente interesse archeologico. Negli ultimi tempi ha richiamato l’attenzione dell’importante rivista di archeologia Archeo. Nel numero di febbraio 2024 il periodico dedica un ampio articolo all’area archeologica del Teatro Romano pubblicando i risultati di ampi e approfonditi studi.
Le nuove scoperte nell’area del Teatro Romano
Grazie alle archeologhe Laura Cerri e Ilaria Venanzoni, quest’ultima direttrice del Teatro Romano di Gubbio, è stato possibile tra l’altro rivelare la rete stradale dell’antica Iguvium.
Le insulae periferiche ospitavano inoltre strutture che estendono l’abitato fino ai margini della città, in corrispondenza del mausoleo di Pomponio Grecino.
L’indagine magnetica ha permesso di localizzare un’ampia necropoli e un quartiere artigianale con fornaci. La scoperta più importante riguarda una struttura quadrangolare (52 x 52 m) alle spalle del Teatro, forse un tempio a quadriportico collocato sul lato meridionale.
Individuato il luogo dove riemersero la Tavole Eugubine
L’abbinamento di edifici teatrali e religiosi affonda le radici nella natura della rappresentazione scenica, che doveva avvenire sub conspectu deorum, cioè sotto lo sguardo degli dèi.
In questo contesto le due archeologhe hanno formulato l’ipotesi che le sette Tavole Eugubine emergessero da questo edificio religioso piuttosto che dal Teatro come tramanda una certa tradizione mai comprovata.
Queste le buone notizie che risultano dall’articolo di Archeo.
Sgambatura quotidiana dei cani nell’area archeologica
Passiamo a quelle cattive delle quali la nostra Gubbio è prodiga.
Facciamo però prima un breve quiz: quale pensate che sia l’area migliore, a Gubbio, per portare a passeggio i cani ad espletare i bisogni fisiologici? In un luogo normale, verrebbe da dire in un’area attrezzata lontana dal centro storico.
Nel paese del nonsenso, invece, nel bel mezzo dell’area archeologica. Sì, la stessa area archeologica della quale ho parlato poco sopra, che nulla ha da invidiare all’area archeologica di Pompei.
Bè noi a Gubbio ci permettiamo il lusso di lasciare che i cani espletino i propri bisogni fisiologici sulle rovine dell’antica Iguvium. Vi meravigliate?
L’assessore ai Lavori Pubblici Valerio Piergentili assicura infatti che “…questa sarà un’opera che garantirà ai cani un luogo sicuro e libero dove muoversi, riqualificando un’area attualmente in disuso”.
Area archeologica da riqualificare?
L’area in disuso e da “riqualificare” sarebbe una porzione dell’area archeologica (!). Certo chi ne fruiva è morto duemila anni fa o giù di lì, se intendiamo riferirci a questo…
Tuttavia i cani potrebbero fare la quotidiana sgambatura fuori della città in un’area verde libera da vincoli e opportunamente attrezzata. Osservando la piana di Gubbio non è difficile individuarne molte.
Il progetto ammonta a 40 mila euro, approvato dalla giunta lo scorso ottobre e sta per essere realizzato nella parte recintata sul lato nord delle rovine come si può vedere dalla foto.
La Soprintendenza approva
Sul luogo sorgeranno una fontanella in ghisa per abbeverare i cani, due panchine in ferro, una nuova recinzione con due cancelli in ferro posizionati agli opposti dell’area, una staccionata in legno che delimiterà l’attuale parcheggio.
In quella porzione di terreno sono stati eseguiti nel tempo una serie di scavi, parzialmente ancora aperti e collocate alcune pietre recuperate durante le indagini archeologiche.
La cosa più inquietante è che la Soprintendenza archeologica, l’organo dello Stato delegato alla tutela dei beni culturali e archeologici, che in quell’area costituiscono beni culturali d’insieme, abbia autorizzato l’opera.
Che dire, talora il burosauro ministeriale partorisce mostri…
Petizione popolare per la tutela del Parco archeologico
Intanto è partita una petizione popolare che ha raccolto 300 firme e la richiesta di accesso agli atti, sostenuta dall’ex consigliere comunale Francesco Sebastiani di Scelgo Gubbio.
Negli ultimi giorni, uno strato di terra ha ricoperto l’area prescelta, forse nell’attesa di una colata di cemento che sottrarrebbe alla fruibilità pubblica quella porzione dell’area archeologica per sempre, relegandola nell’oblio.
Dovremmo ricordarci che le rovine emergenti da quei campi che per taluni sono anonime estensioni di verde, non ci appartengono. Ci sono state consegnate dalle generazioni passate perché noi le conservassimo nel modo migliore per tramandarle nei secoli. È un immenso patrimonio che giace nel sottosuolo ma non per questo deve essere offeso da improvvide iniziative.