Emergono dettagli sempre più oscuri nella vicenda che ha spezzato la vita di Andrea Prospero, il diciannovenne trovato morto a Perugia lo scorso 29 gennaio. La Procura ha acceso i riflettori su una rete digitale che intreccia farmaci, identità sottratte e ricette scritte al computer con la stessa facilità con cui si stampa un volantino. Al centro dell'inchiesta, due giovanissimi: uno finito ai domiciliari, l'altro sotto accusa per cessione di sostanze. Ma le ombre non finiscono qui.
È stata la trasmissione Chi l'ha Visto ad aver rivelato per prima che su Telegram circolano documenti medici contraffatti, perfetti nella forma, ma del tutto privi di legittimità. Uno di questi sarebbe stato usato da Andrea per acquistare i farmaci che l’hanno portato alla morte. Tra i nomi stampati in bella vista, quello di una dottoressa in pensione, residente in Abruzzo. Un’identità sottratta con destrezza, usata per far sembrare regolare ciò che regolare non era.
Sarebbe stato un ragazzo campano, Iacopo Riccardi, a usare quella ricetta. Noto negli ambienti digitali con il nome in codice “Chef”, avrebbe costruito il falso documento con i dati della professionista e lo avrebbe spedito a Prospero. Dentro quella prescrizione, un cocktail pericoloso: benzodiazepine e oppiacei, che Andrea ha ingerito insieme al vino. Un mix letale.
Tutto viaggia online. Chat criptate, nickname, frasi pesanti come macigni. Tra queste, quella pronunciata dall’indagato: "Mandali giù con il vino, vedrai che non sentirai dolore, avvertirai anzi solo piacere". Mentre Andrea smetteva di rispondere ai messaggi della sorella, c’era chi, dall’altra parte dello schermo, anziché allertare i soccorsi si interrogava su come sparire nel nulla.
Contattata dai giornalisti, la professionista tirata in ballo ha chiarito tutto: da oltre un anno non esercita più, e non potrebbe nemmeno accedere al sistema per generare prescrizioni. I suoi dati sarebbero stati usati a sua insaputa, forse prelevati da un archivio informatico. Il documento mostrato in TV riproduceva fedelmente nome, cognome e regione di provenienza: abbastanza per ingannare anche un farmacista distratto.
Mentre si definiscono le responsabilità penali dei due giovani sotto inchiesta, le indagini si allargano. La morte di Andreanon sarebbe legata solo all’assunzione di farmaci. Nei giorni precedenti, il ragazzo abruzzese sarebbe stato coinvolto in traffici digitali di vario genere. Spaccio via chat, truffe online, acquisti sospetti. Cinque telefoni e quarantasei sim card ritrovate in suo possesso suggeriscono che la storia sia più intricata di quanto si credesse.
Andrea esce dallo studentato di via Buontempi il 24 gennaio. Doveva pranzare con la sorella gemella alla mensa universitaria, ma all’appuntamento non si presenta. Il messaggio di Anna resta senza risposta. Secondo gli inquirenti, a quell’ora Andrea sarebbe già in contatto con il diciottenne ora ai domiciliari. I due avrebbero continuato a scriversi fino agli ultimi istanti.
Dalle analisi dei dispositivi emerge un mosaico complesso: almeno due persone avrebbero partecipato, anche solo virtualmente, agli ultimi momenti di Andrea. Uno forniva, l’altro suggeriva. Le pillole vengono ritirate la mattina stessa in un punto di ritiro automatico. Altre compresse arrivano da altri interlocutori conosciuti su Telegram. Tra i file, spuntano anche elementi che fanno pensare a operazioni legate al phishing o all’uso di carte clonate.
Gli avvocati Francesco Mangano e Carlo Pacelli, che assistono i familiari, parlano di una verità ancora da completare. I genitori e la sorella di Andrea non credono a una decisione solitaria. "Massima fiducia nella magistratura, ma Andrea non lo ha fatto da solo", ripetono. Non accettano l’idea che il figlio sia stato semplicemente una vittima passiva. E forse, con tutto ciò che sta emergendo, nemmeno la Procura la pensa più così.