Non si ferma la vicenda giudiziaria di Amanda Knox: proprio oggi la difesa della 37enne americana ha depositato il ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’assise d’appello di Firenze che, nel giugno scorso, l’aveva condannata per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba a tre anni di reclusione. Tre anni che la Knox ha, in realtà, già scontato a fronte dei quasi quattro anni trascorsi in carcere prima di essere assolta, in modo peraltro definitivo, per l’omicidio di Meredith Kercher accaduto a Perugia nel 2007.

Knox, depositato il ricorso contro condanna

I legali di Amanda Knox, gli avvocati Luca Luparia Donati e Carlo Dalla Vedova, hanno proceduto a predisporre l’atto che di fatto chiede l’annullamento della sentenza di condanna della propria assistita: una condanna a tre anni di reclusione per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. I due legali hanno, quindi, impugnato la decisione dei giudici toscani – la Corte d’assise d’appello di Firenze – dopo che la Corte europea si era pronunciata sulla violazione dei diritti di difesa di Knox, pronuncia alla quale aveva fatto seguito il rinvio disposto dalla Cassazione.

Il procedimento di si è incentrato sul memoriale che la trentasettenne di Seattle aveva scritto la mattina del 6 novembre dopo il fermo per l’omicidio di Meredith Kercher, accaduto la sera del 1 novembre del 2007. Nelle prime fasi delle indagini sul suddetto omicidio, la Knox fece, infatti, il nome di Patrick Lumumba come soggetto coinvolto nel crimine, salvo poi essere emerso dalle indagini che l’uomo fosse totalmente estraneo ai fatti e, pertanto, meritevole di essere prosciolto. A tale riguardo, Amanda Knox aveva sostenuto di avere all’epoca chiamato in causa il signor Lumumba in quanto si era sentita altamente sotto pressione durante gli interrogatori. Ad oggi, dunque, per la morte della studentessa Kercher, risulta esserci un solo responsabile: Rudy Guede, allora condannato e ora tornato in libertà dopo aver finito di scontare 16 anni di carcere per il delitto commesso.

L’omicidio di Meredith Kercher, cosa era successo

Il delitto di Meredith Kercher, una giovane studentessa inglese brutalmente assassinata a Perugia nel novembre del 2007, resta una delle più famose e controverse vicende giudiziarie nella storia recente della cronaca nera italiana. La Kercher, originaria di Coulsdon, nel sud di Londra, all’epoca dei fatti aveva soli 21 anni e, iscritta all’Università di Leeds, si trovava nel capoluogo umbro per un programma di scambio Erasmus. La notte del 1 novembre 2007, fu trovata morta nella sua camera da letto nella casa che condivideva con altre studentesse: era stata aggredita, accoltellata e lasciata morire dissanguata.

Le prime indagini della polizia si concentrarono sui coinquilini di Meredith, a partire da Amanda Knox, la studentessa americana che viveva nella stessa casa, e dal suo fidanzato del tempo Raffaele Sollecito, i quali furono arrestati poco dopo il ritrovamento del corpo: accusati di omicidio e condotti in carcere. Durante gli interrogatori, la Knox fece dichiarazioni contraddittorie, coinvolgendo nei fatti Patrick Lumumba, il proprietario di un bar dove lavorava occasionalmente. All’arresto dell’uomo, tuttavia, seguì presto il suo rilascio poiché si dimostrò la sua totale estraneità ai fatti. E’ proprio per questa falsa accusa che sulla Knox ricadde la sentenza di condanna per calunnia.

Il processo di primo grado, che risale al gennaio 2009, si concluse con l’accusa di Knox e Sollecito di omicidio nei confronti della giovane Meredith Kercher: per i giudici si sarebbe trattato di un gioco erotico finito male. Nel 2013, però, la Corte di Cassazione annullò l’assoluzione e ordinò un nuovo processo. Nel 2014, quindi, la Corte d’appello di Firenze condannò nuovamente Knox e Sollecito. Ultimo colpo di scena avvenne nel marzo 2015, quando la Corte di Cassazione assolse definitivamente la coppia.