La Corte di Cassazione ha chiuso l’ultimo capitolo della lunga e tormentata vicenda legale legata all’omicidio di Meredith Kercher. Amanda Knox è stata definitivamente condannata a tre anni di reclusione per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, pena già scontata dalla cittadina americana.

L’omicidio di Meredith Kercher rimane uno degli eventi più discussi degli ultimi vent’anni. Le accuse di calunnia contro Knox rappresentano un altro tassello in un mosaico complesso, che ha visto numerosi processi, appelli e risvolti inattesi.

Amanda Knox, il verdetto della Cassazione

I giudici della prima Sezione della Cassazione hanno reso definitiva la sentenza che riguarda l’accusa di calunnia, una delle tante sfaccettature di uno dei casi più complessi della storia giudiziaria italiana. L’accusa risale al periodo delle indagini sull’omicidio di Perugia, quando Knox aveva indicato Patrick Lumumba come responsabile del delitto.

Le accuse contro Lumumba si sono rivelate infondate, portando al suo arresto temporaneo e successivamente a una piena assoluzione. Nel frattempo, la vicenda aveva scatenato un’onda mediatica capace di varcare i confini italiani, mettendo sotto i riflettori i protagonisti di questa storia.

Amanda Knox e le accuse contro Patrick Lumumba

Amanda Knox calunniò Patrick Lumumba accusandolo ingiustamente di essere l’autore dell’omicidio di Meredith Kercher avvenuto a Perugia il primo novembre del 2007. Durante gli interrogatori, Amanda dichiarò che il suo allora datore di lavoro aveva inferto le coltellate mortali alla giovane britannica. Queste accuse portarono all’arresto di Lumumba, che rimase in carcere per 14 giorni prima di essere completamente scagionato e riconosciuto estraneo ai fatti.

A Roma era presente la parte lesa, che ha seguito in aula la requisitoria del sostituto procuratore. Patrick Lumumba ha espresso soddisfazione dopo la sentenza della Cassazione: “Sono molto soddisfatto perché Amanda ha sbagliato e questa condanna la deve accompagnare per tutta la vita. Me lo sentivo e saluto con grande onore la giustizia italiana”. Dal canto loro, i difensori di Amanda Knox si sono detti “increduli” per la decisione della Suprema Corte, definendola “una sentenza totalmente inaspettata e ingiusta”.

Amanda Knox non era presente in Cassazione e ha seguito il procedimento dagli Stati Uniti. Prima della sentenza, ha affidato ai social il suo pensiero, scrivendo di non essere una bugiarda né una calunniatrice. Ha ribadito di non trovarsi nella casa di Meredith Kercher la notte del delitto, una dichiarazione che si scontra con il verdetto definitivo della giustizia italiana.

Subito dopo la conferma della condanna, si è detta “delusa e amareggiata” parlando con i suoi avvocati.

Un processo riaperto dopo la corte europea

Nonostante la condanna per calunnia sia stata confermata in tutti i gradi di giudizio, il caso è tornato in aula dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto che i diritti di difesa di Amanda Knox erano stati violati durante gli interrogatori. Il procedimento riaperto ha analizzato un memoriale scritto a mano dalla stessa Knox il 6 novembre 2007, documento che i giudici hanno ritenuto non compromesso dalle irregolarità. La sentenza toscana ha stabilito che Amanda accusò Lumumba “per uscire dalla scomoda situazione in cui si trovava”.

Le dichiarazioni dell’avvocato della famiglia Kercher

Francesco Maresca, legale dei familiari di Meredith Kercher, ha commentato la decisione parlando di un corto circuito giudiziario. Ha sottolineato che la calunnia consiste nell’imputare un’accusa a una persona sapendola innocente, lasciando un amaro in bocca alla famiglia Kercher e a chi ha lavorato per arrivare alla verità.