L’Umbria, la terra di verdi colline e antichi borghi, questa volta si fa notare per un primato tutt’altro che lusinghiero. Con appena il 54,22% di strutture turistiche registrate per affitti brevi, la regione si posiziona all’ultimo posto in Italia. Da oggi, la musica cambia: controlli più serrati e sanzioni per chi non si adegua alle nuove regole.
Il tallone d’Achille dell’Umbria negli affitti brevi
Le cifre del Ministero del Turismo parlano chiaro: su 8.041 strutture censite, solo 4.360 hanno ottenuto il Codice identificativo nazionale (Cin). Questo significa che 3.681 proprietà rischiano multe salate. Perugia e Terni sono le città simbolo di questa situazione, con il capoluogo fermo al 54,53% di regolarità e la città dell’acciaio poco sotto al 53,03%.
A livello nazionale, invece, il dato è nettamente più alto: il 78,84% delle strutture si è già messo in regola. “La crescita degli affitti brevi è stata talmente rapida da rendere difficile monitorare il settore, favorendo l’abuso”, ha spiegato il Ministro del Turismo Daniela Santanchè. Piattaforme come Airbnb e Booking hanno cambiato il mercato, ma hanno anche creato un terreno fertile per chi opera nell’ombra.
Il prezzo dell’irregolarità: multe e stop agli annunci
Per i furbetti degli affitti brevi, la festa è finita. Chi non ha il Cin rischia sanzioni che partono da 800 euro e arrivano fino a 8.000 euro. E non è tutto: le strutture irregolari saranno bandite dalle piattaforme online, lasciando i proprietari senza visibilità. Anche chi non espone il codice identificativo all’esterno dell’abitazione o negli annunci rischia multe tra i 500 e i 5.000 euro.
Questa stretta arriva dopo una proroga di 60 giorni concessa per mettersi in regola. Ora, la tolleranza zero diventa la parola d’ordine, con il Ministero pronto a scendere in campo per garantire il rispetto delle norme.
Perugia si attrezza: task force contro gli irregolari
Non è solo il governo centrale a muoversi. Il Comune di Perugia ha già avviato controlli a tappeto su bed & breakfast e locazioni brevi. Le verifiche riguardano non solo la presenza del Cin, ma anche il rispetto delle normative di sicurezza: estintori, rilevatori di gas e conformità edilizia sono al centro dell’attenzione.
Questa iniziativa locale segue la circolare del Ministero dell’Interno, che invita tutte le amministrazioni a intensificare le ispezioni. La posta in gioco è alta: riportare ordine in un settore che ha visto un boom incontrollato negli ultimi anni.
Cos’è il Cin e perché è obbligatorio per gli affitti brevi
Il Codice identificativo nazionale (Cin) è uno strumento pensato per mettere ordine nel settore delle locazioni brevi. Si tratta di un codice univoco che identifica ogni immobile destinato ad affitti di durata inferiore a 30 giorni. Introdotto dal Ministero del Turismo, il Cin è obbligatorio per tutte le strutture che intendono operare legalmente e deve essere riportato su ogni annuncio pubblicitario, sia online che offline.
L’obiettivo è chiaro: combattere l’abusivismo, garantire la trasparenza fiscale e proteggere i consumatori. L’assenza del Cin comporta sanzioni pesanti, ma anche l’esclusione delle strutture irregolari dalle piattaforme di prenotazione più utilizzate. Secondo i dati ministeriali, regioni come la Basilicata e la Lombardia sono tra le più virtuose, con alte percentuali di strutture registrate. Al contrario, regioni come il Friuli Venezia Giulia faticano ad adeguarsi, posizionandosi agli ultimi posti.
L’obiettivo di questa operazione è far emergere il sommerso. Le strutture abusive, che non pagano tasse e sfuggono al monitoraggio, rappresentano una perdita economica per lo Stato e una concorrenza sleale per chi lavora in regola. “Credo che il Cin farà emergere almeno il 20% delle strutture irregolari”, ha dichiarato la ministra del Turismo Santanchè. Per chi opera nel rispetto delle regole, si apre un nuovo capitolo di opportunità. Per chi, invece, ha scelto di restare nell’ombra, il tempo è scaduto