I sindacati dei metalmeccanici hanno bussato alla porta del prefetto di Terni, Antonietta Orlando, per mettere fine al teatrino dell’accordo di programma su Acciai Speciali Terni (Ast). Il documento, che avrebbe dovuto già essere nero su bianco, è ancora un fantasma. Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl metalmeccanici hanno chiesto chiarezza, ma la risposta, al momento, è il solito muro di gomma.

L’aria che si respira tra i lavoratori non è delle migliori: troppe promesse, zero certezze. Il rischio per i livelli occupazionali è un macigno e l’energia resta il convitato di pietra. I sindacati non intendono stare a guardare e vogliono una svolta immediata.

Quello di martedì è solo il primo capitolo di una settimana rovente. La deadline di febbraio incombe e i rinvii non sono più accettabili. Il prefetto, nel tentativo di smuovere le acque, ha annunciato l’invio di una pec al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per chiedere lumi. Un atto dovuto, ma basterà a rompere il silenzio? I lavoratori vogliono fatti, non carta bollata.

Acciai Speciali Terni tra investimenti e occupazione, l’azienda deve esporsi

Le organizzazioni sindacali lanciano l’allarme: qui si rischia il blackout, e non solo sul fronte energetico. Il destino dello stabilimento è appeso a un filo e l’azienda continua a giocare a nascondino con gli investimenti. Il messaggio uscito dall’incontro è netto: o arrivano garanzie su posti di lavoro e risorse, o la mobilitazione sarà inevitabile.

Il settore metallurgico è già in affanno e i lavoratori non intendono fare da cavie per esperimenti al ribasso. Il costo dell’energia, il grande macigno che zavorra degli Acciai Speciali Terni, rende la situazione ancora più instabile. La concorrenza europea non aspetta e i sindacati non sono disposti a vedere l’acciaieria di Terni trasformarsi in un museo di archeologia industriale. Le istituzioni devono darsi una svegliata e mettere sul tavolo soluzioni concrete.

E poi c’è il giallo della data del 20 gennaio. Si doveva discutere il nodo energia, e invece? Tutto slittato, tutto fermo. Il ritardo alimenta sospetti e conferma i timori: se l’azienda avesse certezze sugli investimenti, perché prendere tempo? Il film già visto di troppe crisi aziendali si ripete, ma i lavoratori questa volta non hanno intenzione di stare a guardare.

Il prefetto si muove, in agenda nuovi confronti

Fonti sindacali raccontano che il prefetto si è detta disponibile a spalleggiare le sigle metalmeccaniche nella loro battaglia per la trasparenza. Ma i lavoratori non vogliono pacche sulle spalle: vogliono risposte. Hanno ribadito con forza che non accetteranno compromessi al ribasso che possano mettere a rischio i posti di lavoro. E, ciliegina sulla torta, hanno chiesto conto delle responsabilità politiche dietro il balletto di rinvii e mezze promesse.

Intanto, venerdì sarà il giorno della verità – o almeno così si spera. Alla Regione, la presidente Stefania Proietti e l’assessore allo Sviluppo economico Francesco De Rebotti dovranno uscire dal politichese e dire chiaramente quali mosse intendono fare per evitare che lo stabilimento finisca in un pantano. Basta tavoli, è ora di fatti concreti.

Bruxelles, il pressing sindacale arriva in Europa

Mercoledì una delegazione di metalmeccanici umbri prenderà un volo direzione Bruxelles, dove davanti alla sede del Consiglio europeo alzeranno la voce per chiedere politiche industriali serie e un piano per il settore manifatturiero che non sia scritto sulla sabbia.

Non saranno soli. A marciare con loro ci saranno lavoratori di comparti strategici come chimica, energia, gomma, plastica e ceramica, tutti preoccupati che la tanto sbandierata transizione ecologica si trasformi in un bagno di sangue per l’occupazione. Se la politica vuole davvero la sostenibilità, deve iniziare dalla gente che lavora e produce, e non dalle slide e dagli slogan..