Un immobile “fantasma”, cresciuto nel tempo senza i necessari titoli edilizi, è stato scoperto grazie alle immagini satellitari. L’area, situata nel territorio comunale di Perugia, è finita al centro di una lunga vicenda giudiziaria conclusasi con la conferma dell’ordinanza di demolizione da parte del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria.
L'intervento del Comune è nato da un sopralluogo effettuato il 7 ottobre 2022, condotto dall’esterno della proprietà, poiché non era stato consentito l’accesso ai tecnici incaricati. Tuttavia, “numerose fotografie da cui si evincono l’esatta consistenza degli immobili contestati e la posizione rispetto al fabbricato principale, che unitamente ai rilievi satellitari offrono una adeguata cognizione di tutto il compendio immobiliare”, hanno permesso agli uffici comunali di avviare il procedimento. Sulla base di questi elementi, l’amministrazione ha emesso un’ordinanza che impone l’abbattimento di tutte le opere ritenute abusive e la restituzione dello stato originario dei luoghi.
L'ordinanza contesta la realizzazione di numerosi manufatti non autorizzati:
95 mq di fabbricati in muratura a sud-ovest dell’edificio principale, addossati tra loro e con altezze e destinazioni d’uso differenti;
Un manufatto in muratura di 35 mq, a sud della struttura principale, con destinazione non identificabile;
Un prefabbricato in lamiera metallica di 15 mq, adibito presumibilmente a rimessa;
Un portico in legno di 11 mq con copertura in laterizio, realizzato a nord;
Opere esterne di sistemazione come muretti di contenimento e pavimentazioni in cemento per circa 250 mq.
Inoltre, il Comune ha segnalato delle difformità rispetto al permesso di costruire rilasciato nel 2010, che riguardavano interventi di recinzione. Tra questi, “una diversa configurazione planimetrica del passo pedonale, reso più in linea con il cancello carrabile e coperto da una pensilina con struttura in acciaio non prevista nel progetto; la realizzazione della recinzione, nel tratto ad ovest, in muratura anziché con paletti di acciaio e rete; un secondo passo carrabile dotato di cancello in acciaio di circa 3 ml”.
Le due proprietarie dell’immobile, assistite dall’avvocato Giuliano Picchio, hanno presentato ricorso al TAR dell’Umbria contro l’ordinanza comunale, impugnando l’obbligo di demolizione delle “opere realizzate in assenza del necessario permesso di costruire..., ripristinando lo stato originario dei luoghi, nonché di rimuovere entro lo stesso termine, le opere in difformità dal permesso di costruire”.
Nel ricorso viene ricostruita la storia dell’immobile, risalente al 1982, quando l’allora proprietario ottenne una concessione edilizia per una rimessa attrezzi poi trasformata in civile abitazione grazie a un condono edilizio del 2001. Da allora, si sono susseguite ulteriori edificazioni e svariati provvedimenti sanzionatori per la demolizione di manufatti abusivi: muri, casette, cancelli carrabili, muretti di recinzione con ringhiera e opere di sistemazione esterna, fino a sopraelevazioni non autorizzate.
Il Comune ha sottolineato, inoltre, l’impossibilità per i tecnici incaricati di effettuare i sopralluoghi necessari alla corretta identificazione e accatastamento dell’immobile.
Il Tribunale amministrativo ha respinto integralmente il ricorso, giudicandolo infondato. Secondo quanto si legge nella sentenza, “l’ordinanza impugnata appare congruamente motivata sia quanto all’individuazione e descrizione dei manufatti abusivi, sia quanto alla contestazione degli illeciti e alle relative conseguenze”.
Il provvedimento del Comune è ritenuto legittimo anche nella parte in cui descrive dettagliatamente “le varie tipologie di abusi e le ragioni a fondamento dell’illiceità degli stessi”, richiamando anche i precedenti sopralluoghi e gli atti sanzionatori già emessi. I giudici osservano infine che “non è di qualche rilievo la circostanza che in alcuni casi i tecnici non abbiano potuto individuare la destinazione d’uso dei fabbricati, dato che in ragione dei titoli di illiceità dei manufatti (l’assenza di permesso o la difformità con uno precedente) una destinazione piuttosto che un’altra non avrebbe mutato i termini della questione”.
Con la sentenza, il TAR ha infine condannato le due ricorrenti al rimborso delle spese legali sostenute dal Comune di Perugia, rappresentato dagli avvocati Luca Zetti, Rossana Martinelli e Sara Mosconi, chiudendo così una complessa vicenda edilizia che per anni si era sviluppata sotto traccia – fino a quando non è stata portata alla luce… dallo spazio.